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Onoterapia Pet-therapy mediata dagli asini

Onoterapia Pet-therapy mediata dagli asini

Onoterapia Pet-therapy mediata dagli asini

Onoterapia Pet-therapy mediata dagli asini

APPROFONDIMENTO

– A Riva del Garda, in provincia di Trento, gli animali diventano “terapeuti”. Non si tratta della ormai famosa pet therapy con i cani, di cui abbiamo già parlato, ma di una specie il cui ruolo nella mediazione è meno noto: l’asino. Insieme a un’equipe di professionisti – come previsto dalle linee guida nazionali – quali psicoterapeuta, psicologo, educatore e veterinario, gli asini ospitati in un’azienda agricola del luogo sono i preziosi compagni di percorso per bambini con necessità particolari, per famiglie che faticano a trovare un canale di comunicazione e molti altri. Percorsi di mediazione “a quattro zoccoli”, onoterapia (dal greco ὄνος, ónos, asino), che nascono direttamente all’asineria o che sono la continuazione di incontri di psicoterapia iniziati nello studio professionale, e spostati poi in un contesto meno formale ma ricco di stimoli nuovi e unici nel loro genere.

 

Perché l’asino?

“È molto diverso dagli altri animali. Il mio interesse è nato dopo aver acquistato un’asinella, volevo imparare a capire come comunicare con lei, quindi ho seguito un corso apposito insieme alla mia collega. Così è nata la nostra associazione”, spiega Manola Santorum del progetto Le Vie degli Asini, psicoterapeuta sistemico-relazionale ed esperta nelle attività di mediazione con l’asino.

A differenza dei cavalli, con i quali si impostano con successo terapie riabilitative motorie, la natura peculiare degli asini li rende adatti a lavorare sull’emotività, sull’affettività. Sono curiosi, cercano la relazione e per di più “sono prede, non predatori”, dice Santorum. “Bisogna conquistare la fiducia di un asino: è indipendente e timoroso, non a caso si sente spesso dire che gli asini ‘si bloccano’. Hanno bisogno di capire dove sono e costa stanno facendo, ma se non si sentono al sicuro non procedono. Per questo sta a noi capire per quale motivo si sono fermati e convincerli ad andare avanti. Può essere frustrante a volte, ma è anche un modo in cui l’animale diventa come uno specchio per noi stessi”.

 

Fiducia

Il rapporto di fiducia è fondamentale per creare una relazione e favorire l’autostima nelle persone. “Ci si fida dell’animale e ci si affida a lui, anche perché rende possibile fare esercizi che con altre specie sarebbero molto difficili, ad esempio quelli in groppa”, continua Santorum. “Il fatto che sia più grande di una persona dà un’idea di contenimento, spinge a pensare di potersi affidare, di poter perdere il controllo. Rende l’idea uno degli esercizi che facciamo in una fase avanzata del percorso con l’asino: rimanere in groppa e spalancare le braccia, a occhi chiusi”.

 

Bisogni speciali

A beneficiare di questo percorso, in particolare, sono i bambini aggressivi o quelli che hanno deficit cognitivi. “Specialmente bimbi con sindrome di Down o autistici, che hanno un modo diverso di approcciarsi. I primi, ad esempio, sono molto simbiotici con gli adulti quindi si lavora sulle loro capacità di autonomia e distacco. I secondi invece hanno bisogno di un’attività concentrata sul creare una relazione, attraverso azioni rassicuranti e ripetitive. Se il bimbo Down tiene la longhina dell’asino, tenderà a non volerla più lasciare. Il bimbo autistico, invece, molto probabilmente la butterà a terra”, racconta Santorum.

 

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La natura docile e timorosa degli asini li rende una sfida positiva: bisogna conquistare la loro fiducia e convincerli a procedere. Fotografia di Le Vie degli Asini

 

Sbloccare l’animale

Una volta creato un rapporto con gli asini è possibile guidarli in dei percorsi all’interno del recinto, ad esempio sfruttando gli ostacoli: fargli fare delle cose è preziosissimo per quei bambini che hanno difficoltà di autostima, e che nel riuscire a “sbloccare” l’animale, rendendosi autorevoli ai suoi occhi, sono estremamente gratificati.

“Oggi all’azienda agricola vivono 11 asini. Alcuni li abbiamo scelti all’inizio mentre altri sono nati qui con noi. Sono stati tutti addestrati, anche se non amo usare questo termine, fin dal primo giorno. Ogni asino è diverso dagli altri e ne teniamo conto per le attività: le caratteristiche dell’animale e dell’utente vengono valutate per abbinarli, sia in base agli obiettivi che ai bisogni. Se sto lavorando con un adolescente, ad esempio, sceglierò per lui un asino che si comporta come tale quindi fa le bizze e i capricci”, racconta Santorum. Scontrandosi con questi comportamenti, un ragazzo/a riesce a sintonizzarsi meglio con le interazioni da parte dei suoi genitori.

Per abituare gli asini al rapporto con così tante persone diverse, e a essere maneggiati e condotti in giro, fin dal primo giorno vengono toccati in ogni parte del loro corpo affinché imparino a non reagire in modo brusco. Alcune zone, tra tutte la pancia, sono molto delicate e devono essere manipolate a lungo perché gli asini capiscano che non c’è pericolo e non si spaventino di fronte a stimoli improvvisi. Non solo quelli tattili ma anche visivi, come un bambino che gli corre incontro, le grida, il rumore delle automobili, tutto ciò che potrebbe sollecitarlo eccessivamente. Proprio come le persone anche gli asini hanno le loro paure, “alcuni temono l’acqua e non vogliono toccarla, nemmeno per attraversare un piccolo rigagnolo, altri hanno paura del passaggio tra luce e ombra, altri ancora dei tombini. Dobbiamo aiutarli a superare questi timori ma non si tratta di ‘domarli’, non c’è imposizione. Bisogna convincerli”. Un lavoro intenso e impegnativo ma che ripaga, perché gli asini imparano e “ricordano tutto, hanno una memoria straordinaria sia per quanto hanno imparato sia per le persone incontrate durante la loro vita. Ce ne accorgiamo, ricordano bene anche dopo molti anni”.

 

Dinamiche relazionali

Un altro tipo di attività riguarda quella in cui genitore e bambino vengono coinvolti insieme, molto adatta a quei padri o madri separati che vogliono rinforzare il legame con il proprio figlio. “Magari non si vedono spesso, o sentono che c’è stato un distacco. Attraverso l’asino è più facile ritrovare il legame, perché vi si trasferiscono tutte le dinamiche relazionali delle quali poi ci si prenderà cura. Parlare dell’animale aiuta a trovare il dialogo. Parlando di lui, in realtà, si finisce per parlare di sé e della separazione, in modo meno diretto e più semplificato”, racconta Santorum.

Con i bambini aggressivi l’asino rivela la sua natura prevedibile, rassicurante. In alcuni casi – controllati dagli operatori in modo da garantire tutela e rispetto degli animali – i bambini hanno provato a colpire gli asini senza ottenere nessuna reazione. Questo li stupisce e li porta a ridefinire il proprio comportamento, a trovare una nuova modalità di interazione. Una possibilità straordinaria per intervenire sul fenomeno del bullismo, che nel 2014 in Italia ha riguardato un ragazzo/a su due nella fascia 11-17 (dati ISTAT), agendo sulle “radici” del comportamento e spingendo a cambiarlo proprio perché inefficace.

 

Intervento terapeutico

A fare la differenza tra la sola presenza dell’animale e un intervento terapeutico vero e proprio ci sono i vari professionisti coinvolti, che interagendo validano gli interventi e stabiliscono il tipo di progetto più adatto. L’idea che sia l’animale da solo a curare la persona “è un luogo comune che noi ci teniamo a sfatare. Anche perché è pericoloso affidargli la responsabilità di operare un cambiamento. È l’operatore che grazie alle sue competenze riesce, attraverso l’asino, a far emergere stimoli sui quali lavorare. Tutto questo si fa in relazione alla storia dell’utente, dopo una serie di incontri conoscitivi, anamnesi e una scrupolosa raccolta di informazioni per comprendere la richiesta. Con la stessa modalità e professionalità della classica psicoterapia, con la differenza che poi l’intervento si svolge nell’azienda agricola e non in uno studio”, prosegue Santorum.

Il rapporto con gli asini non si instaura per poi darlo per scontato, ma va rinnovato continuamente prestando attenzione ai segnali dell’animale. Osservando la postura e il suo comportamento è possibile capire come sta, se ad esempio è bendisposto o non vuole interagire. La parola viene meno e gli altri sensi, specialmente un’attenta osservazione, diventano fondamentali. Come si leggono le orecchie di un asino? Se sono dritte significa che è molto attento, che sta osservando e valutando l’ambiente che lo circonda, orientandole nella direzione dello stimolo. Se sono indietro, quasi chiuse e schiacciate sulla testa bassa, vuole essere lasciato in pace. Se in avanti, la posizione (davvero rara da osservare) è quella di attacco. “Il momento di interagire, quello adatto per spazzolarlo e condurlo in giro è quando le orecchie sono distese in orizzontale, quasi ‘ad aeroplano’. Significa che è rilassato, disponibile al contatto e a relazionarsi con noi”.

 

Da Oggi Scienza del 2/8/2016 – scritto da Eleonora Degano, intervista alla responsabile di progetto, dott.ssa Manola Santorum